Una contestatrice fantastica
Gabriella Norio | Il Ponte rosso N°86 | novembre 2022 | profili
Donatella Ziliotto, scrittrice ed editor nel delicato settore dell’editoria per l’età evolutiva
di Gabriella Norio
Donatella Ziliotto: una contestatrice fantastica. Storia , opere, curiosità ed eredi di una protagonista della letteratura per ragazzi. Questo è il titolo della conferenza da me curata e promossa dall’Assessorato alle Politiche dell’Educazione e della Famiglia – Servizio Scuola Educazione Biblioteche del Comune di Trieste a cui, sabato 12 novembre, sono intervenuti, come relatori, la figlia della Ziliotto, Martina Forti, le professoresse Donatella Lombello e Silvia Blezza Picherle, l’esperto di letteratura per l’infanzia Piero Guglielmino e, come attori, Giuliana Artico e Giuliano Zannier che hanno letto il racconto Maestro Bora.
Ma che cosa è emerso dai vari interventi?
Novant’anni fa, il 12 giugno 1932, nasceva a Trieste, da una famiglia dell’alta borghesia cittadina, una bambina a cui fu dato il nome Donatella in onore di Donatella Arvale protagonista de Il Fuoco di Gabriele D’Annunzio, l’autore più appezzato dalla madre, l’insegnante Ninetta Tampellini; il padre invece era il noto Baccio Ziliotto, lontano parente di Svevo, che, nonostante la sua figura irreprensibile di preside e letterato, trasmise alla figlia la capacità di guardare le cose con ironia e la incoraggiò al fantastico. Ziliotto, negli anni ’20, con lo pseudonimo di Oreste Giovannini, aveva scritto racconti per bambini su Il Piccolo dei piccoli, terza pagina del sabato del Piccolo della sera dedicata ai giovanissimi. Ma già anni prima, scrivendo dal confino in Galizia, aveva rivelato che «una voce interna insistente mi dice che il mio campo è la letteratura per ragazzi, ché per gli adulti mi pare di essere troppo dolce e troppo ingenuo». Effettivamente Baccio aveva in sé un senso magico della vita per cui era certo che bastasse vivere con felicità, con amore, con intensità per ritrovarsi nella fiaba. Non a caso il libro per bambini che pubblicò si intitolava Né maghi né fate (Sandron, 1927). Donatella riconobbe al padre di averle donato esperienze emotive straordinarie durante l’infanzia come quella di disegnare, quando era a letto ammalata, sul risvolto del lenzuolo delle immagini che poi facevano da sfondo alle storie che inventava per lei. Sotto questo aspetto lei raccontava di essere stata privilegiata rispetto alla sorella nel rapporto con il padre perché alla sua nascita, avvenuta più di vent’anni dopo quella della sorella Bianca Maria, il padre non era più il pianista irredentista e preside irreprensibile che era stato agli occhi della primogenita, ma era emerso il suo lato più burlesco e la sua severità era diventata una vaga malinconia, così la Ziliotto se lo ritrovò «nei giochi quando dava voce ai miei burattini e dipingeva per il mio teatro scenari con prospettive sconfinate», insegnandole in tal modo che la fantasia rende straordinario tutto ciò che è ordinario e quotidiano.
Altra figura importante nella formazione di Donatella fu quella di Rita Cajola, la sua insegnante di Lettere alla scuola media, che la indirizzò verso letture e tematiche nuove e anticonformiste, considerato che all’epoca non si potevano leggere libri che non fossero tra quelli indicati dal regime fascista, che proibiva la lettura delle opere degli scrittori russi, americani, francesi e che invece lei suggeriva e proponeva ai suoi allievi. «Era una persona straordinaria» disse di lei la Ziliotto «perché mi ha stimolata, anche prendendomi in giro, a diventare me stessa e mi ha insegnato ad evitare scritture ovvie e banali. Ancora adesso, quando scrivo, sento la sua voce che mi interpella e ricordo quando ci faceva stilare elenchi di aggettivi ovvi e scontati che “mai” avremmo dovuto usare per scrivere i nostri testi».
Una forte influenza su Donatella bambina e adolescente la ebbe anche Bibi, la protagonista dei romanzi della scrittrice danese Karen Michaelis: una bambina coraggiosa che la colpì per le sue relazioni spontanee con la gente, il disprezzo per le convenzioni, la visione democratica della vita, il rifiuto di confermarsi alle regole sancite dall’autorità, la tenerezza per il mondo animale, la curiosità per i contesti nuovi, l’intenso rapporto con il padre e la solidarietà nei rapporti con il mondo femminile e nella quale Donatella poté identificarsi, stemperando le difficoltà del momento dovute alla guerra. Da questa lettura nacque l’innamoramento per il Nord che, a diciotto anni, terminate le scuole, la portò a percorrere la Danimarca in bicicletta con un’amica e a conoscere le scrittrici Astrid Lindgren e Tove Jansson e a scoprire, però, che anche nei paesi nordici questi romanzi erano l’eccezione e non la norma perché a quei tempi la borghesia di quei paesi era conformista e tradizionalista alla pari di quella italiana.
Dopo la laurea a Bologna in lettere moderne con una tesi dal titolo Il Pinocchio di Carlo Collodi, il suo relatore Francesco Flora le consigliò di fare l’insegnante, ma Donatella non gli diede retta, perché ne aveva abbastanza di un nonno maestro, di un padre preside e di una madre anch’essa insegnante. Così, dopo un periodo alla redazione de Il Resto del Carlino, dove apprese il mestiere di giornalista, fu assunta dalla casa editrice Malipiero che gli affidò, in collaborazione con l’illustratore Ugo Fontana, la cura di una serie di libri pensata per i bambini piccolissimi non ancora in grado di leggere e che comprendeva, tra gli altri, i titoli La giornata di Martino (1956), I giocattoli (1956), Fatterelli (1956), Cosa vuoi fare da grande (1956) ristampati da Salani nel 2014 col titolo Mondo Bambino. Si trattava di cartelle contenenti ognuna otto illustrazioni cartonate realizzate da Fontana e arricchite da una frase composta dalla Ziliotto e l’intento era quello di partire dalla realtà più vicina ai bambini per poi allargare lo sguardo verso tempi e spazi più lontani. Fontana e la Ziliotto erano convinti che i bambini di meno di sei anni avessero diritto a dei libri adatti e pensati per loro nei quali rispecchiarsi e in cui trovare cose interessanti e che superassero gli stereotipi legati al modo in cui spesso degli adulti consideravano erroneamente il mondo dell’infanzia.
Grazie a questa esperienza, la Ziliotto fu chiamata dalla casa editrice fiorentina Vallecchi per occuparsi delle pubblicazioni per il pubblico più giovane. Così nel 1958 videro la luce le collane “L’Arganello” e “Le Piramidi”. Ma la più importante fu “Il Martin Pescatore: i classici di domani per la gioventù”, dedicata ai bambini dai 7 ai 12 anni, in cui apparve, per la prima volta in Italia, Pippi Calzelunghe, tradotto dalla Ziliotto stessa in collaborazione con Annuska Palme. La collana presentava autori che si discostavano profondamente dalla tradizione culturale e letteraria italiana; molti erano gli autori stranieri fino allora sconosciuti nel nostro paese come appunto Astrid Lindgren, Tove Jansonn, Michael Ende e Mary Norton. Ma in redazione arrivarono numerose lettere di protesta e innumerevoli critiche da parte di famiglie, educatori ed esponenti del mondo cattolico; evidentemente in Italia i tempi non erano ancora maturi per l’affermazione di questi autori che invece susciteranno un sensazionale entusiasmo molti anni più tardi sempre ad opera della Ziliotto.
Sempre nel 1958, Donatella pubblicò sul quotidiano di Trieste Il Piccolo, una rubrica di carattere psicopedagogico “Note di psicologia infantile”, molto interessanti, moderne ed innovative.
Nel 1962 la casa editrice Vallecchi fu venduta e la Ziliotto diventò consulente editoriale del Saggiatore che le affidò la produzione per ragazzi. Donatella inaugurò così una collana di saggistica per adolescenti, una fascia d’età fino ad allora quasi completamente dimenticata. Purtroppo anche il Saggiatore chiuse i battenti e la Ziliotto entrò in RAI come programmista-regista dei programmi per il pubblico giovane, dando vita a trasmissioni come Le fiabe dell’albero con Lucia e Paolo Poli, Nico Orengo, Ettore De Carolis, Emanuele Luzzati, Toti Scialoja, Uoki Toki, primo programma contenitore per ragazzi e il mini musical Fantaghirò, sperimentando formule di congiunzione tra libro e televisione.
Una ventina d’anni dopo, nel 1987, Donatella tornò al suo primo amore, il mondo dell’editoria, e ricoprì il ruolo di consulente editoriale della Salani, che la portò a creare la collana che ebbe un ruolo primario nel rinnovamento della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, che aprì la strada ad autori innovativi che affrontavano tematiche diverse e stimolanti precedentemente precluse alla letteratura per ragazzi e che introdusse in Italia l’opera di Roald Dahl: Gl’Istrici. In questa collana esordirono diversi generi letterari come l’horror e il fantasy anche come strumento di approfondimento tematico di tipo psicologico e sociale.
Contemporaneamente a tutte queste sue esperienze lavorative la Ziliotto si cimentò anche come scrittrice con le sue storie ironiche, pungenti, molto realistiche anche se avvolte da un alone di magia. Storie che raccontavano il difficile mestiere di essere bambini in una società in cui per l’infanzia diventava sempre più difficile rapportarsi con il mondo degli adulti; storie che intendevano fornire ai giovanissimi le armi contro la prepotenza del mondo adulto individuate nell’ironia e nel grottesco. Nelle sue storie Donatella diede voce all’infanzia «un mondo a parte, poco conosciuto e in vario modo incompreso» e specialmente a quella più emarginata e sofferente, vittima di soprusi e prepotenze da parte degli adulti.
In alcuni suoi libri emerge una forte componente biografica e famigliare come in Tea patata (1968), Il bambino di plastica (1979), Un chilo di piume un chilo di piombo (1992) e Le bambine non le sopporto (1997), in cui riaffiora la figura di una bambina dalla vita in famiglia non facile, specialmente nel rapporto con la madre. Nei suoi libri si ritrovano una dimensione surreale e fantastica, la presenza di società infantili, il rapporto inquietante con la natura, la rinuncia del lieto fine ad ogni costo e la mancanza di figure adulte. Il ruolo di figure di riferimento per i bambini è affidato a coetanei oppure ad adulti stravaganti e anticonformisti, molto spesso nonni o anziani più sensibili ed empatici nei confronti delle nuove generazioni.
Non mancano poi gli attualissimi romanzi sulla diversità come Il maestro Bora, Io nano, Pelle nera, Fiabe africane, in cui si denunciano atteggiamenti di irrisione e emarginazione nei confronti di chi si discosta dalla “normalità”.
Per Donatella Ziliotto comunque era fondamentale che «ci siano dei libri che vadano in una certa direzione, cioè che stiano dalla parte di bambini e della loro libertà di essere e di pensare». Il suo pensiero sulla letteratura per l’infanzia fu emblematicamente espresso nella frase che pronunciò nell’aprile del 2005 quando Felicity Crosland, seconda moglie di Roald Dahl, venne invitata alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna per ricordare i quindici anni dalla scomparsa del marito: «Roald Dahl ha permesso a tutti i bambini italiani di essere liberi, perché li ha resi consapevoli dei propri diritti e refrattari a qualsiasi subalternità della condizione infantile e ad ogni sminuimento».
Ci sarebbe bisogno di un’altra Donatella Ziliotto, ma all’orizzonte, nonostante ci siano altri scrittori ed editor di qualità, non sembra delinearsi un’altra figura alla sua altezza che possa tramandare con la stessa incisività l’eredità che lei ci ha consegnato e che ha lasciato un segno indelebile.