TRIESTE FILM FESTIVAL RICORDA KIESLOWSKI
cinema | Febbraio 2016 | Gianfranco Sodomaco | Il Ponte rosso N° 9
di Gianfranco Sodomaco
I responsabili di Trieste Film Festival, giunto alla sua ventisettesima edizione, hanno avuto la bella idea di ricordare e omaggiare un maestro del cinema contemporaneo: il polacco Krzysztof Kieslowski (1941/1996). Laureatosi nel 1969 alla Scuola Superiore di Cinema di Lòdz (prestigiosa all’epoca), deceduto troppo presto per una malattia di cuore, ha avuto però la possibilità di girare un grande numero di cortometraggi, documentari e film per la TV. Dal ’76 in poi una decina di film, tra cui i famosi: La doppia vita di Veronica (1991), Tre colori – Film blu (1993), Tre colori -film bianco (1994), Tre colori – Film rosso 1994. Tutti e tre i film interpretati da Irene Jacob, presente al Festival. E Decalogo, girato tra l’88 e l’89 per la TV polacca, dieci mediometraggi dedicati ai Dieci comandamenti ma che costituiscono un’opera unica di circa cinque ore. Visti tempi e spazi, ci occuperemo sinteticamente di Decalogo, che è il tentativo di descrivere, in modo analitico e sincretico al tempo stesso, la Polonia alla fine del Comunismo, e faremo qualche considerazione sugli altri film. Il taglio dell’articolo dunque non sarà ‘critico’ ma ‘anedottico/riassuntivo’ proprio per dare il segno dell’interesse che Kieslowski aveva per la ‘varietà umana’.
Decalogo.
Nel primo ‘episodio’, Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio fuori di me, un padre insegna al figlio, col computer, a calcolare fin dove può arrivare a pattinare sul lago ghiacciato. Ma il destino (o forse Dio) si vendica. Episodio molto duro ma toccante e avvincente. Indimenticabile la scena di un’icona che piange.
Nel secondo, Non nominare il nome di Dio invano, con Krystyna Janda (attrice cara a Andrej Waida, altro grande del cinema polacco), una donna in qualche modo ‘bestemmia’ perché, aspettando un bambino dall’amante, spera che il marito ammalato muoia. Verrà ‘punita’ con la salvezza del marito. Intreccio un po’ macchinoso.
Nel terzo (con Daniel Olbrychski, il più noto attore polacco), Ricordati di santificare le feste, durante le festività natalizie un uomo è costretto dall’ex amante a seguirla per cercare il marito scomparso, in realtà la donna cerca di vincere la solitudine nella notte di Natale. Cupo in una Varsavia da incubo.
Nel quarto, Onora il padre e la madre, la giovane Anka viene a sapere dalla madre, prima della morte, di non essere figlia del padre. Tra i due nasce una specie di attrazione fisica ma lo spettatore non saprà mai verità, né come andrà a finire la storia. Intenso e ambiguo, concreto e allusivo nello stesso tempo. Sicuramente uno dei più belli.
Nel quinto, Non uccidere, uno dei più famosi, che il regista trasformerà in un lungometraggio, Breve film sull’uccidere mai visto in Italia, un giovane sbandato commette un omicidio ingiustificato e viene punito con la pena di morte. Crudele e in alcuni passaggi allucinante.
Nel sesto, Non commettere atti impuri, un ragazzo spia col cannocchiale una ragazza e si innamora. Lei, accortasi di essere spiata, in un primo momento lo respinge ma poi è attratta da quell’amore finalmente vero. Riescono ad incontrarsi ma, dopo aver sperimentato la sua inesperienza in fatto di sesso tenta il suicidio e sarà lui poi a respingerla. Il pezzo più bello in assoluto. Non a caso la versione lunga (Breve film sull’amore) uscirà in Italia col titolo Non desiderare la donna d’altri.
Nel settimo, Non rubare, Majka a sedici anni ha un bambino, ma la madre, per coprire lo scandalo, lo adotta. Dopo un po’ di tempo Majka rivuole per sé la creatura. Un po’ melodrammatico e convenzionale.
Nell’ottavo, Non dire falsa testimonianza, si pone il problema se sia lecito trasgredire
il comandamento per salvare una vita. Un’anziana docente di filosofia, tornata in Polonia, si trova di fronte ad un episodio oscuro del suo passato, risalente all’epoca della occupazione nazista. Uno degli episodi più critici nei confronti della morale tradizionale.
Nel nono, Non desiderare la donna d’altri, il tema è: un marito diventato impotente può continuare a pretendere di essere amato da sua moglie? Risposta in chiave un po’ voyeuristica e meno idealizzata del solito. Verso la fine del Decalogo Kieslowski non perde il suo rigore ma sembra essere meno disperato.
Nel decimo, Non desiderare la roba d’altri, Kieslowski chiude il Decalogo in chiave di humour nero. Due fratelli (uno dei quali è un cantante rock) ereditano la collezione di francobolli paterna e vengono presi dalla stessa mania filatelica. Uno dei due arriva a donare un rene pur di procurarsi un pezzo raro, poi si sospettano a vicenda di un furto. Parabola caustica sull’avidità umana, con un ritmo da commedia grottesca che bilancia bene l’austerità di altri episodi.
In La doppia vita di Veronica, due donne senza legami sono come due gocce d’acqua, hanno gli stessi interessi e addirittura la stessa malformazione al cuore. Per una misteriosa corrispondenza una farà tesoro della tragica esperienza dell’altra. Scritto dal regista col suo abituale collaboratore, Krzysztof Piesewicz, il film affronta, portandolo al limite, uno dei temi più cari al regista: la possibilità di vivere la vita in modi diversi. Criptico ma emozionante. Con la Irene Jacob, citata, in tutte e due le parti.
Tre colori – Film bianco, Film blu, Film rosso (cenni).
Tra il ’94 e il ’96 Kieslowski, dopo la caduta del Muro di Berlino, allarga gli orizzonti e, non a caso, va in Francia e gira gli altri tre capolavori: Film bianco, Film blu e Film rosso, dedicati ai tre colori della bandiera francese e alla loro simbologia: la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Così ingaggia nuovi attori come, ad esempio: Juliette Binoche, Jean Louis Trintignant, Emanuelle Riva, Julie Delpy (e l”amata’ Irene Jacob la ritroviamo nell’ultimo: Film rosso).
Film blu vincerà il Leone d’Oro al Festival di Venezia con la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile alla Binoche; Film bianco vincerà l’ Orso d’Argento per la migliore regia al Festival di Berlino. Con Film rosso chiude con un inaspettato finale, una bellissima sorpresa: da un traghetto affondato si salvano i protagonisti di tutti e tre i film. Chiude la trilogia e diventa ormai una star del cinema mondiale ma purtroppo (dopo aver preparato le sceneggiature per una nuova trilogia su La Divina Commedia di Dante (due cantiche saranno portate sullo schermo dal regista tedesco Tom Tykwer, Heaven, 2002, e dal bosniaco Danis Tanovic, L’Enfer, 2006). Nel 1996 Kieslowski viene a mancare. Un vuoto incolmabile.