THOMAS STEARNS ELIOTUna monografia firmata da Renzo S. Crivelli
autori | Elisabetta d'Erme | N° 6 | novembre 2015
Tra fine ‘800 e inizio ‘900 furono molti gli intellettuali americani che vennero attratti dal fascino delle grandi capitali europee e scelsero di vivere a Parigi o a Londra, dove contribuirono in maniera determinate alla nascita del ‘modernismo’. Basta pensare a Ezra Pound, Gertrude Stein, Ernst Hemingway o a Thomas Stearns Eliot (1888-1965), poeta, saggista e drammaturgo la cui opera venne coronata nel 1948 con l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura.
A cinquant’anni dalla morte dell’autore de La terra desolata, esce ora l’appassionante e leggibilissimo saggio di Renzo S. Crivelli T. S. Eliot.
Ordinario di Letteratura Inglese all’Università di Trieste, Renzo S. Crivelli è autore di saggi e monografie di letteratura irlandese, inglese, americana, canadese e italiana. Si è occupato in particolare di poesia moderna e contemporanea e di rapporti fra letteratura ed arti visive. Studioso di Joyce, è presidente e co-fondatore della “Trieste Joyce School” e collabora al Domenicale del Sole 24 Ore. Il suo campo di ricerca è focalizzato sui grandi scrittori modernisti come (oltre a Joyce, Virginia Woolf, Dylan Thomas) appunto T.S. Eliot, al quale nel 1993 aveva dedicato una Introduzione a T.S. Eliot: Cronologia, Vita e Opere, edito da Laterza. Completamente originale è ora l’impianto di questo nuovo lavoro di Crivelli attorno all’opera di un autore che è troppo poco conosciuto e che andrebbe invece riletto con attenzione. Quanto mai benvenuto è dunque questo saggio che aiuta il lettore ad avvicinarsi a un’opera affascinante ed estremamente complessa e che tenta di stilare un più obiettivo bilancio sull’intera produzione di T.S.Eliot. Uno scrittore che conobbe due ben distinte fasi creative, molto diverse tra loro per esiti e forma. Nel suo primo periodo, decisamente “laico” e sperimentale, T. S. Eliot raggiunse le vette più alte della poesia del XX secolo, ed è riassumibile nei cicli di Prufrock e altre Osservazioni (1917), de La terra desolata (1922) e che si conclude attorno al 1927 con la sua conversione alla religione Anglo-Cattolica. Il secondo periodo fu fortemente “ideologizzato” dalla religione cristiana, e può essere rappresentato ad esempio da lavori come Assassinio nella cattedrale (1935) e la sua successiva produzione teatrale. Tra i due periodi spiccano il diverissement Old Possum’s Book of Practical Cats (1939) che il poeta dedicò ai suoi gatti (e da cui è stato tratto nel 1981 il famoso musical Cats di Andrew Lloyd Weber) ed i Four Quartets (1943) un testamento poetico d’estrema rarefazione formale.
In passato, l’opera di Eliot è stata negativamente associata a uno snobistico disprezzo per le masse, che si potrebbe far risalire a una certa visione della società classista e conservatrice. Quindi é più che mai utile l’attenta e dettagliata analisi comparatistica degli scritti di T.S. Eliot proposta da Renzo S. Crivelli in questo suo saggio, non solo relativamente alle opere più note, ma anche per le meno frequentate, come ad esempio il poema Coriolano del 1930 in cui – come suggerisce lo studioso – un’opportuna lettura ironica del testo può gettare luce sul “disprezzo” di Eliot: “per chi il potere lo usa sfruttando le masse (sia nel caso del nazismo che del comunismo).”
Crivelli organizza questo suo saggio in tre sezioni: nella prima parte offre un quadro critico/biografico del poeta, inserendo la sua produzione artistica nel contesto sociale e culturale dell’intellighenzia anglo-americana che – tra fine ‘800 e inizio ‘900 – operò cambiamenti epocali per la cultura occidentale. La seconda parte è dedicata all’esegesi dei vari cicli poetici e dei saggi, in cui sono privilegiati lo studio delle fonti e gli aspetti contenutistici. Segue infine la terza parte dedicata alle opere teatrali firmate da T.S. Eliot tra il 1935 e il 1959. L’ampio spazio dato alla produzione teatrale permette a Crivelli di scandagliare i temi trattati nelle cinque piece, quali l’incomunicabilità nell’ambito familiare, la testimonianza di fede in un mondo abbrutito, ma anche la sua visione “comunistica” della società cristiana.
Nato nel 1888 a Saint Louis nel Missouri, da una famiglia dell’alta borghesia, Eliot studiò a Harvard, dove acquisì una vastissima cultura in campo umanistico. I suoi interessi lo portarono a studiare in particolare Dante, gli Stilnovisti e gli Elisabettiani, ma anche i poeti Simbolisti e la filosofia orientale. Nel 1910, a ventidue anni, intraprese un primo viaggio in Europa e a Parigi approfondì lo studio del filosofo Henri Bergson, per il quale il tempo è un “continuum” assoggettato alle diverse percezioni della memoria o dell’”esperienza del ricordo”.
Come già avvenuto per James Joyce, la lezione di Henri Bergson ebbe un’importanza fondamentale anche per la formazione del giovane Eliot. L’idea di un flusso senza sosta tra tempo cronologico e tempo della narrazione, portava al sovvertimento dei canoni della tradizionale narrazione cronologica, che aveva caratterizzato i romanzi dell’800. Il “flusso della mente” prefigurata da Bergson aveva non solo trovato utilizzo nel “flusso di coscienza”, il nuovo linguaggio narrativo di James Joyce, ma anche nell’intuizione di T.S. Eliot della “contemporaneità del passato”, che gli permise d’andare alle radici della nostra cultura occidentale e di collegarla ai tempi presenti, e viceversa.
Dopo aver completato gli studi in America, Eliot tornerà in Europa nel 1914 per stabilirsi in Inghilterra. A Londra incontrerà Ezra Pound, che ebbe un ruolo chiave nella sua scelta di dedicarsi completamente alla poesia. Infatti la pubblicazione nel 1917 su The Egoist di Prufrock e altre osservazioni fece del giovane poeta il caso letterario del momento. Il ciclo descrive con sottile humor l’ignavia di un giovane anti-eroe, calato nel grigiore morale della vita urbana contemporanea americana, apparentemente incapace di operare scelte di vita o d’intrattenere rapporti umani autentici. Come scrive Renzo S. Crivelli: “qui Eliot, con l’aiuto di Laforgue e di Baudelaire, costruisce un testo poetico in perfetta prospettiva modernista, affiancando epica e paradosso, magniloquenza e banalità, laddove, nello “spazio psichico” dell’intellettuale del primo Novecento, sono chiamati a coesistere l’Universo e il “fragoroso” rumore dei cucchiaini da té nelle leziose tazzine di un salotto bostoniano.”
Intanto lo scrittore frequenta il Gruppo di Bloomsbury, il salotto di Edith Sitwell e le serate di Lady Ottoline Morrell. Nel 1915 sposa Vivienne Haigh-Wood e accetta un posto in banca per poter mantenere la moglie, che si rivela presto essere affetta da problemi psichici. Seguono anni difficili ma, durante una cura in Svizzera a seguito di un crollo psico-fisico, nasce il suo capolavoro: The Waste Land (La terra desolata, 1922), che con “sofisticata ironia” descrive la disperazione e le angosce, ma anche le possibili speranze, della generazione sopravvissuta alla tragedia della Grande Guerra e che si apre con i famosissimi versi: “Aprile é il più crudele dei mesi: genera// lillà dalla terra morta, confondendo// memoria e desiderio, risvegliando// le radici sopite con la pioggia di primavera.” La desolazione della terra, simbolo dell’aridità umana, diverrà la sua cifra poetica. Il ciclo confermava programmaticamente le sue future scelte stilistiche, quali: la “spersonalizzazione dell’autore”, la creazione di un suo “metodo inter-testuale” ovvero l’uso della citazione come vivifico omaggio alla tradizione del passato, la funzione ordinatrice del mito (ovvero il “metodo mitico” inaugurato da James Joyce con la re-interpretazione del mito omerico di Ulisse) fino all’originale utilizzo del “collage” di diverse voci, che avrà naturale esito nella più tarda produzione teatrale. Il saggio di Renzo S. Crivelli è dunque non solo un utile strumento critico, ma anche un prezioso compagno d’avventura attraverso “i giardini e i deserti” di T.S.Eliot.