Stagioni al via
Il Ponte rosso N° 51 | novembre 2019 | Paolo Quazzolo | teatro
Decollati i cartelloni della prosa, tra dialetto e collaudate nuove proposte
di Paolo Quazzolo
Sono riprese a Trieste le stagioni di prosa e, com’è ormai tradizione, i teatri hanno scelto di avviare i loro cartelloni proponendo spettacoli di produzione. Alla Contrada si è iniziato con l’immancabile testo in dialetto triestino, un vivacissimo musical di Davide Calabrese, che ne ha anche diretto la messinscena assieme alla coreografa Alberta Izzo. Si tratta di Nuovo cine Swarovsky, un testo a metà strada tra il vaudeville e lo spettacolo musicale, che mette in scena i tentativi di far rivivere un vecchio cinema in disuso e, con esso, la parlata vernacolare sempre meno utilizzata dalle nuove generazioni. Un gruppo di improvvisati imprenditori pensa di avviare l’attività con uno spettacolo di grande richiamo, cui dovrebbe partecipare niente meno che Madonna. Ma, naturalmente la celebre diva della musica pop all’ultimo momento dà forfait e un maldestro tentativo di presentare sotto mentite spoglie la cantante, fa naufragare l’impresa. Una trama esile che tuttavia assicura due ore di divertimento grazie a una compagnia molto affiatata e capeggiata, come sempre, da una Ariella Reggio in smagliante forma, sempre pronta a confrontarsi con personaggi inediti e a gettarsi, questa volta, anche in vorticose e sfrenate danze. Con lei Adriano Giraldi, Marzia Postogna, Daniela Gattorno, Giacomo Segulia e Leonardo Zannier, tutti pronti a lanciarsi in un gioco scenico solo apparentemente leggero, ma che in verità ha impegnato a fondo tutto il gruppo di attori.
Anche al Rossetti debutto di stagione con la compagnia stabile. Il testo prescelto è L’onore perduto di Katharina Bloom, adattato – non senza qualche difficoltà – dall’omonimo graffiante romanzo di Heinrich Böll del 1974. Storia quanto mai attuale, narra il caso di una ragazza vittima della cosiddetta “macchina del fango”, a seguito di una serie di articoli scandalistici che finiscono per annientarla di fronte l’opinione pubblica. Un tema, in verità, affrontato – sebbene in un contesto differente – già nel 1922 da Pirandello con il melanconico Vestire gl’ignudi, in cui la protagonista Ersilia, devastata da una vita crudele, decide di darsi la morte dopo aver dato in pasto a un giornalista senza scrupoli una verità edulcorata, che tuttavia provoca una serie di reazioni impreviste, tali da distruggerne definitivamente la reputazione. Il lavoro diretto da Franco Però e interpretato, tra gli altri, da Elena Radonicich e da un sempre convincente Francesco Migliaccio, è coinvolgente, sebbene la dimensione dell’atto unico è sembrata a tratti eccessiva: qualche taglio in più a un testo non sempre impeccabile, avrebbe reso più fruibile, soprattutto nella parte finale, lo spettacolo.
Le ultime lune di Furio Bordon, proposto da Palcoscenico Italiano e da Centro Teatrale Meridionale, può considerarsi ormai un classico della drammaturgia contemporanea, avendo conosciuto numerose traduzioni e allestimenti in tutto il mondo. Torna in questa nuova edizione interpretata da Andrea Giordana, Galatea Ranzi e Luchino Giordana, diretti da Daniele Salvo. Certamente tutti ricordano la versione proposta al Rossetti nel 1995 da Marcello Matroianni. Il celebre attore ne diede senza dubbio una grande interpretazione, ma Andrea Giordana non ce lo fa assolutamente rimpiangere, donando alla platea momenti di assoluta commozione e partecipazione: direi uno spettacolo sicuramente più intenso di quello di venticinque anni fa.
E grande classico della drammaturgia contemporanea è anche l’irresistibile Rumori fuori scena di Michael Frayn, testo del 1982 che ha fatto il giro del mondo e che ora viene riproposto in Italia dalla Compagnia del Teatro Stabile di Torino diretta da Valerio Binasco. Classico esempio di “metateatro” – Pirandello avrebbe detto “teatro nel teatro” – la commedia narra le vicissitudini di una scalcagnata compagnia alle prese con un testo decisamente al di sopra delle sue possibilità. I tre atti illustrano tre momenti diversi dell’allestimento di una commedia brillante dal titolo Nothing On. Il primo atto ne propone una disastrosa prova generale, il secondo una drammatica recita pomeridiana vista da dietro le quinte, il terzo una rappresentazione a fine tournée, nuovamente vista attraverso la prospettiva del pubblico, in cui gli odi e le ripicche tra gli attori della compagnia hanno finito per trasformare il testo originario in una sorta di monstrum senza capo né coda. Testo spassoso, ma allo stesso tempo impietoso verso le manie e le debolezze degli attori, Rumori fuori scena è una commedia difficilissima da recitare, ove la minima imprecisione rischia di invalidare tutto il complesso meccanismo scenico. Bravi e affiatati gli attori a lungo applauditi da un Rossetti quasi esaurito.