QUARANT’ANNI DOPO PASOLINI

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Gianfranco Franchi

 

A quarant’anni di distanza dalla morte violenta dell’artista friulano Pier Paolo Pasolini, nella pioggia di omaggi e di commemorazioni opportunamente previste, merita interesse il florilegio Caro poeta caro amico curato da Ignazio Gori e Claudio Marrucci per la Sound System Records, pubblicato in abbinamento a un cd, piuttosto fragilotto, del giovane latinese Andrea Del Monte. L’opera è suddivisa in due parti: la prima, Parole, è una raccolta di versi dedicati a Pasolini; la seconda, Pasolini visto da vicino, una raccolta di interviste concentrate sul poeta di Casarsa. Entriamo nel dettaglio. Parole è decisamente ondivaga. Ad affiancare le poesie di tre dei più ispirati poeti romani contemporanei c’è un discreto numero di figure diversamente memorabili; peccato, perché l’impatto poteva essere diverso, evitando zoppie, mezze prose e didascalie. Ma sentite qua. Antonio Veneziani, l’ultimo poeta beat, l’ultimo pezzo della Scuola Romana, canta l’attesa della distruzione di Roma, “crepata nei muri e nelle anime”. È “la città che ha massacrato te e / uccide la poesia […] / Non l’avevo messo in conto, / questa città non è più casa mia”.

Fratello di Antonio Veneziani e suo storico sodale è il romanziere abruzzese Renzo Paris, capitolino d’adozione, erede e biografo primo di Moravia. Paris insiste sulla morte della poesia nella morte di Pier Paolo: “Chi non se n’è accorto / sta fuori di qui e prende questi versi / per un ritorno”. L’aristocratico proletario Fernando Acitelli, orgoglioso cantore delle periferie romane di ieri e di oggi, subito insegna che “più scavato è lo sguardo in borgata”. Cosa che Pasolini ben sapeva. E poi sussurra che “oltre il nome proprio nulla serve / basta sapersi nello stesso posto / l’indomani sera giù al Pigneto […] in cuore la ferita sta al poeta”. Infine, merita menzione uno dei curatori, Ignazio Gori, che va cantando chi ha finito per “Morire di poesia / annegare quel passato / eretico e corsaro / di un paese senza Stato”.

Veniamo alla seconda parte, Pasolini visto da vicino, curata per lo più dal giovane letterato Claudio Marrucci. Walter Siti, curatore del Meridiano pasoliniano, rivendica la bellezza dell’ingenuità quasi infantile del poeta, il suo coraggio civile, la sua convinzione che la vita sia “incontenibile dalla letteratura”, e ribadisce che considera Le ceneri di Gramsci il suo massimo risultato in versi, per la facilità di versificazione, la sintassi dilatata, il nichilismo passionale. Renzo Paris, fresco autore del memoir Pasolini ragazzo a vita, in uscita per la Elliot a fine autunno, in cui finisce per raccontare un Pasolini “borghese”, conosciuto tra 1966 e 1975, ritornando sui luoghi più amati dal poeta, ribadisce che considera imprescindibile il Meridiano curato da Siti. Lo scrittore isolano Fulvio Abbate, romano d’adozione, sostiene che a Pasolini dobbiamo “la luce degli anni Settanta”; e che Pasolini sia stato innanzitutto un poeta, e che poeta sia rimasto sia da polemista sia nella sua dimensione pedagogica. Il professor Tullio De Mauro ricorda che il poeta è stato una delle persone più generose di cui abbia mai avuto notizia. E considera cifra linguistica dell’artista “la ricerca continua, da ‘bestia da stile’, della sperimentazione delle varie potenzialità espressive della parola e di altri linguaggi”. Il regista Citto Maselli, vecchio antagonista, esalta Una vita violenta e Ragazzi di vita, considerandoli i massimi risultati della produzione pasoliniana; e ricorda che leggendoli l’emozione suscitata da certi passi era così profonda e assoluta da essere sostanzialmente poetica. Il saggista Grattarola, appassionato e lucido lettore di cose pasoliniane, condivide la posizione di Maselli su Ragazzi di vita, aggiungendo tuttavia Accattone, che considera la continuazione su pellicola del romanzo. Infine, non stupisce scoprire che il critico letterario Emanuele Trevi considera invece l’incompiuto Petrolio il massimo esito di PPP: il suo notevole Qualcosa di scritto rimane, a mio avviso, il più ispirato tributo al maestro apparso dal giorno della tragedia ad oggi.