Qualcosa sta cambiando
agosto settembre 2023 | Editoriale | Il Ponte rosso N°95
La cronaca delle ultime settimane conferma che, a meno di un anno dalla costituzione del Governo della destra, qualcosa sta cambiando nella percezione della realtà di una crescente quota dell’opinione pubblica, anche per quanto attiene alle più elementari regole di convivenza e a tematiche relative ai diritti sociali e a quelli civili che riguardano – o almeno dovrebbero riguardate – tanto i cittadini italiani che gli stranieri ospitati, stabilmente o in via transitoria, nel nostro Paese.
C’è la storia di quel generale di divisione che pubblica a sue spese un corposo volume in cui esprime le sue idee e la sua volontà di opporsi a un mondo che aspira «a favorire l’eliminazione di ogni differenza tra uomo e donna, tra etnie (per non chiamarle razze), tra coppie eterosessuali e omosessuali» (p. VIII). Fin dall’introduzione, dunque, tale proposito si pone in antagonistica contrapposizione ai contenuti dell’articolo 3 di quella Costituzione richiamata nel giuramento pronunciato dal generale all’inizio della sua brillante carriera. Preoccupante non è tanto il contenuto reazionario del libro, quanto la fitta rete di interventi a difesa dell’alto ufficiale, le offerte di candidature da parte di formazioni politiche – anche di governo – che evidentemente si identificano nelle analisi e nelle indicazioni del volume, balzato immediatamente al primo posto dei libri più venduti.
Un po’ meno clamore ha destato sui media nazionali un episodio che ha preso forma in uno spazio molto particolare, cioè nell’unico stabilimento balneare europeo dove un muro separa la spiaggia utilizzata dagli uomini da quella riservata alle donne, cioè a dire la “Lanterna” nota anche, a Trieste, come “Pedocin”. Qui, nell’area riservata alle signore, alcune donne musulmane entrate in acqua vestite sono state affrontate da altre bagnanti che hanno contestato vivacemente il loro abbigliamento, giudicato – non è chiaro esattamente il perché – scarsamente igienico, maleodorante, persino pericoloso per l’asserita impossibilità di soccorrere le bagnanti da parte del personale di sorveglianza.
Le argomentazioni delle contestatrici appaiono abbastanza labili e inconsistenti, ma fanno seguito a una levata d’ingegno della sindaca di Monfalcone che intendeva interdire l’accesso alla spiaggia di Marina Julia alle donne vestite, con il seguito di compiaciute adesioni da parte di numerosi esponenti politici di destra dell’area giuliana. Questa piccola storia ignobile strapaesana che ha vivacemente animato l’estate di un territorio segnato da una problematica presenza di cittadini stranieri, resa più spinosa da iniziative amministrative vessatorie oppure dallo stato di abbandono in cui vengono lasciati i migranti che giungono in particolare dal Carso triestino dopo aver viaggiato anche per mesi lungo la cosiddetta rotta balcanica. Cinquecento di essi sono minori non accompagnati, mentre al momento nulla si fa per trovare loro una sistemazione che sia meno inquietante del fatiscente silos adiacente la stazione ferroviaria o la piazza – per ironia della toponomastica chiamata Libertà – che accoglie visitatori e turisti che arrivano in treno.
C’è il sospetto che mantenere viva la tensione sociale rivolgendola all’Altro, diverso da noi per lingua, religione, costumi e condizione economica sposti l’attenzione dell’opinione pubblica, soprattutto della sua frazione culturalmente più fragile, sviandola da quelli che sono i problemi reali del Paese, nascondendo dietro una cortina di ansie xenofobe i problemi della denatalità, della povertà, dell’occupazione, dell’ambiente, delle accise e così via.
Con l’avvertenza tuttavia che con l’esasperare o il lasciar imputridire tali situazioni si irrobustiscono pericolosamente le diffidenze, fino a trasformarle in esplicita ostilità nei confronti degli stranieri, quando si saldino a visioni politiche più o meno velatamente espresse lungo una filiera culturalmente omogenea, che parte dalle stanze governative romane per arrivare alle più remote periferie amministrative. E, naturalmente, alle signore in bikini dello stabilimento balneare triestino.