“MONDI POSSIBILI” A PORDENONE
Il Ponte rosso N.° 96 | Walter Chiereghin
MOSTRE IN REGIONE
“MONDI POSSIBILI” A PORDENONE
di Walter Chiereghin
Il Comune di Pordenone, grazie al contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha inaugurato, in contemporanea con le affollate giornate di Pordenonelegge, la mostra “Mondi Possibili. Due secoli d’arte dalle collezioni di Pordenone”, ribadendo una centralità del suo territorio, nei fatti capoluogo culturale della Regione Friuli-Venezia Giulia, dopo che – da molti anni ormai – Trieste ha abdicato al ruolo che le sarebbe proprio, per l’insipienza di chi ha guidato e di chi continua a guidare le attività culturali di quel Comune.
L’esposizione, curata da e William Cortés Casarrubios, si è resa possibile grazie alle collaborazioni dell’Università degli Studi di Udine, del Centro Iniziative Culturali Pordenone, della Diocesi di Concordia Pordenone, della Fondazione Concordia Sette e della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
Le opere esposte – circa centoquaranta tra dipinti, sculture e disegni – non sono di norma visibili al pubblico, provenendo dai depositi di alcune collezioni – pubbliche e private – del territorio pordenonese, suddivise in otto percorsi tematici ed esposte in tre sedi della città: la Galleria Harry Bertoia, la Casa dello Studente Antonio Zanussi e il Museo Diocesano di Arte Sacra, accessibili con un unico biglietto d’ingresso.
Le opere esposte narrano di un ambiente culturale composito ed articolato, nei due secoli considerati dai curatori (ma soprattutto nel Novecento, tra i due periodi decisamente dominante quanto a presenze), e di una vivacità creativa che si affaccia su un panorama nazionale e internazionale, con la presenza di maestri quali il surrealista belga Paul Delvaux, il giapponese – ma assai attivo anche a Parigi – Toshimitsu Imaï, presente con una tela del suo periodo informale, il milanese Luigi Veronesi, lo scultore e designer locale ma emigrato negli Stati Uniti Harry Bertoia, oltre, com’è logico, di altri autori di rilievo più legati al territorio regionale, ma significativi in ambito nazionale e non solo, quali gli sloveni triestini Lojze Spacal e August Černigoj, l’udinese Mirko Basaldella, e, com’è naturale, una quantità di artisti legati a Pordenone o comunque alla Destra Tagliamento, quali Luigi Vettori, precocemente scomparso ventottenne, ma talento che ebbe modo di esprimersi soprattutto in Accademia a Venezia, presente con una quantità di dipinti, di opere su carta, schizzi, quaderni, ma anche con un gesso, Torso di Afrodite, uno studio di nudo a tutto tondo e, in particolare, con un dipinto di generose dimensioni Il lavoro, la famiglia, forse il suo ultimo lavoro prima della partenza per il fronte greco da cui non sarebbe più tornato e fulcro della sezione “Tra le due guerre”, dipinto improntato ai valori novecenteschi del “ritorno all’ordine”.
E ancora Armando Pizzinato, presente tra l’altro con uno squillante Trebbiatura, un olio di medie dimensioni del 1955 raffigurante il lavoro nei campi di tre figure femminili, di evidente appartenenza alla stagione del neorealismo che, in regione, ebbe tra i protagonisti Giovanni Toffolo, più noto come Anzil, Giuseppe Zigaina, un giovanissimo Sergio Altieri e, unica presenza femminile, Dora Bassi.
Le prime due sale della mostra allestita alla Galleria Harry Bertoia, quasi un’introduzione riassuntiva dei “mondi possibili” che i curatori invitano ad esplorare, mentre una successiva sezione “Due o più figure” si sofferma a considerare i problemi di composizione dell’immagine e dell’organizzazione degli spazi anche nella ritrattistica, basandosi sulla formulazione che veniva richiesta, tra Ottocento e Novecento, come esame d’ammissione a varie Accademie di Belle Arti, per la quale al candidato veniva richiesto di fornire «l’abbozzo di un soggetto da non meno di due figure né da più di tre».
Una sezione intitolata “Tutto su carta” esplora lavori su carta eseguiti anch’essi negli anni tra le due guerre ed in quelli del secondo dopoguerra, presentando opere di Armando Pizzinato, di Bruno Caruso, di Massimo Campigli, di Pino Casarini, di Nane Zavagbo, di Harry Bertoia ed altri.
La sezione più eccentrica per i contenuti, inusuali almeno in Italia, è quella intitolata “Le stanze del Cardinale”, che presenta una ventina di
opere provenienti dall’Estremo Oriente, Cina, Giappone, Corea e Vietnam. Il titolo della sezione si deve al fatto che tutte le opere in essa presenti sono provenienti da un lascito testamentario del cardinale Celso Costantini (1876-1958), nato a Castions di Zoppola, primo delegato apostolico in Cina, carica che tenne dal 1922 al 1933, fondando quindi una Chiesa cattolica cinese nella quali vescovi erano di nazionalità cinese e non, come in precedenza era stato, presuli europei. In parallelo con la riforma dell’organizzazione ecclesiale, l’illuminata opera del Costantini si premurò di esprimere il messaggio evangelico conformandolo al linguaggio artistico e concettuale cinese, favorendo la sostituzione dell’arte sacra fino ad allora attardata su caratteristiche formali occidentali, e in quanto tali avversate dalla popolazione indigena. Hanno origine dal suo impegno pastorale più che decennale in Cina alcune delle opere ora esposte a Pordenone, che rappresentano soggetti ben noti al pubblico occidentale, trasfigurati nel ricorso a modalità esecutive e stilemi propri dell’arte orientale, come nelle opere di artisti cattolici cinesi quali Luca Hasegawa e Chen Yuandu.
Molto distanti dalle opere cinesi collezionate dal cardinale Costantini sono quelle inscritte nella sezione “La città e la regione”, legate alla rappresentazione del paesaggio del Pordenonese ed affidate ad alcuni artisti operanti, con dipinti o con un’intensa produzione calcografica, soprattutto negli anni del secondo dopoguerra, quali Giorgio Florian, Virgilio Tramontin, Angelo Giannelli, Angelo Variola e Giorgio Bordini. Opere tutte di proprietà della Fondazione Concordia Sette, presso il Centro Culturale Casa Zanussi, dov’è ospitata una ulteriore sezione della mostra, “I pittori di Pier Paolo” dedicata, nell’anno del centenario, a Pier Paolo Pasolini ed alla sua figura di intellettuale in rapporto in particolare al suo impegno critico nei confronti delle arti figurative.
Corredata da un adeguato catalogo (Antiga edizioni, pp. 198, euro 20,00), recante le immagini delle opere esposte e interessanti contributi critici dei curatori e di altri studiosi (Magalì Cappellaro, Serenella Todesco, Abigyle Alzetta, Irene Micheletti, Alberto Vidissoni e Giancarlo Pauletto), la mostra rappresenta un impegno virtuoso per la qualità e quantità di opere presentate, per la loro non scontata visibilità in quanto confinate nei depositi delle organizzazioni che le custodiscono e anche per l’evidente apporto dell’Università di Udine, che ha dato modo ad alcuni studenti di coadiuvare Alessandro Del Puppo e William Cortés Casarrubios, nella non semplice curatela dell’esposizione.