Lungometraggio di immagini
agosto 2016 | Anna Calonico | fotografia | Il Ponte rosso N° 15
Era l’ormai lontano 1925 quando il dottor Roberto Zuculin ebbe la felice idea di dar vita al Circolo Fotografico Triestino: da allora una realtà attiva e importante in città, e oggi, appena spente le 90 candeline, risulta il circolo fotografico più longevo in regione e tra i più duraturi in Italia. In tutto questo tempo, il CFT ha organizzato corsi e concorsi, mostre e serate culturali, sostenuto da volontari e da circa duecento soci, sopportando in sordina gli anni difficili della Seconda Guerra, riprendendo vigorosamente in mano le attività nel ’47 con Andrea Pollitzer come presidente, che non solo restò alla testa del Circolo per ben venticinque anni, ma alla fine si trovò ricordato nel titolo del trofeo promosso fin dal 1980, che per questo 2016 si avvarrà dell’interessante collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi ponendo come tema del concorso “Percezioni fotografiche”.
Attualmente, il Circolo vanta sempre nuovi iscritti e appuntamenti affollati, ha come presidente e vicepresidente i coniugi Alida e Paolo Cartagine, come segretario e tesoriere Rina Rossetto e Luciano Dubs e un direttivo di otto consiglieri. Varie manifestazioni hanno ricordato la ricorrenza dei 90 anni, e, continuando i festeggiamenti, è stata inaugurata il 26 luglio, al Palazzo del Consiglio Regionale in piazza Oberdan, alla presenza della presidente della Regione Debora Serracchiani, del presidente del Consiglio Regionale Franco Iacop e di Emiliano Edera consigliere regionale, la mostra: “1925 – Circolo Fotografico Triestino Lungometraggio di Immagini”. Ripercorre gli anni triestini dal dopoguerra a oggi passando per avvenimenti particolari, momenti significativi, grandi cambiamenti: in questo modo le foto in esposizione non puntano sull’estetica e sulla forma, ma sono foto realistiche, descrittive. Sono dei documenti con precise connotazioni spazio-temporali e per l’esposizione sono state divise in sei sezioni, alle quali si aggiungono alcuni poster di grande formato che vanno a riassumere i temi dell’intera mostra.
Per testimoniare il passaggio degli anni 40/70, ad esempio, abbiamo numerose istantanee di Umberto Vittori che hanno registrato alcuni momenti importanti nel periodo del Governo Militare Alleato, come i poster appesi in tutta la città per le prime elezioni comunali: sul Mercato Coperto in Largo Barriera, sulla Stazione Marittima… Oppure le parate militari, le manifestazioni, o ancora la partenza dei migranti che speravano in una vita migliore salendo su una grande nave; o la visita del presidente Saragat nel ’68, per il cinquantesimo anniversario di Trieste italiana; o la scritta su un muro che chiaramente fa riferimento alla legge 180: “Fora i matti dentro Basaglia”. Altre fotografie invece non ricordano la storia della città non dal punto di vista storico ma esclusivamente sociale, come i manifesti della Dolce vita di Fellini a Servola, oppure i cartelli che inneggiano al pugile Nino Benvenuti nel ’64. Infine, significativi scatti di Ermanno Comar ci portano su campetti di periferia, nei quartieri popolari: alcuni ragazzini giocano un’improvvisata partita di calcio o di basket con arnesi datati e arrugginiti, tra pozze di fango e erba alta ai lati del campo di gioco.
Immagini datate sono anche quelle della sezione “omaggio all’arte”: Vittorio Buzzi ci regala splendidi primi piani di attori degli anni 60 e 70: Luigi Vannucchi, Giulio Bosetti, Anna Maria Guarnieri, Dario Fo e Giorgio Albertazzi al Rossetti. Per non parlare di fotografie di vari autori sui laboratori scenografici del Teatro Verdi: statue di polistirolo, disegni preparatori, colorazioni di fondali. E un’immagine del vecchio cinema Ritz in via San Francesco che espone il manifesto di Matrimonio all’italiana mentre davanti passa una coppia di anziani in cui l’uomo, forse per suggestione del bianco/nero, appare vagamente simile a Totò.
Degli stessi anni, o leggermente più recenti, le foto di “uno sguardo sul Carso”: una decina di stampe vintage su carta baritata ai sali d’argento, con viraggio parziale seppia (per gentile concessione del CRAF di Spilimbergo) di Tullio Stravisi degli anni 80 regalano qualche paesaggio e case di pietra, Ermanno Comar ci mostra Contovello quasi uguale a oggi, con la stessa T della tabaccheria; Ferruccio Crovatto invece testimonia la realtà della cava romana di Aurisina negli anni 60 e in uno scatto molto eloquente il bianco splendente della pietra fa risaltare ancora di più il nero e le varie tonalità di grigio dell’uomo e delle zone in ombra.
“Liberty a Trieste” e “Trieste oggi” si fondono mostrando palazzi della città e particolari di portoni e cancelli, vedute di Porto Vecchio o dell’Università, grandi navi attraccate a due passi da piazza Unità, qualche esempio di street photography. Gli autori di questa sezione sono diversi, tra di loro si fanno notare non soltanto scatti della famiglia Cartagine ma anche di alcuni soci e invitano a passeggiare per la città, alzando gli occhi ad ammirare statue e decorazioni di palazzi che, magari passandoci davanti tutti i giorni, non abbiamo mai veramente osservato. Il bianco/nero, gli ingrandimenti, le ombre dove non batte il sole, rendono ancora più affascinanti questi dettagli che la fretta quotidiana ci impedisce di ammirare, scoprendo cancelli in ferro battuto, portali riccamente intagliati, mascheroni espressivi.
Per finire, la sezione “Trieste multietnica, tanti popoli sotto uno stesso cielo” espone anch’essa molte immagini delle bellezze architettoniche della città: si va dalla chiesa di Santa Maria Maggiore alla basilica di San Silvestro, dal Tempio anglicano di San Spiridione alla Sinagoga, oppure, oltre i luoghi sacri, la sede del Primorski, giornale in lingua slovena, o il Narodni Dom. Ci sono foto scattate al cimitero cattolico, al cimitero musulmano, in quello serbo-ortodosso, e ce ne sono alcune di Paolo Cartagine che ritraggono professori e studenti al Centro Internazionale di Fisica Teorica a Miramare e al Centro Ricerca Internazionale Multidisciplinare Elettra Sincrotrone di Basovizza. Sono tutte sequenze che dimostrano, ancora una volta, quante culture, quante religioni si muovano sotto lo stesso cielo: alcune più suggestive di altre, alcune affascinano, alcune fanno riflettere. Qualcuna strappa addirittura un sorriso: un’istantanea di Dubs presenta sullo sfondo la sagoma ben nota della cupola della chiesa serbo ortodossa di San Spiridione, mentre in primo piano occhieggiano delle lanterne rosse, simbolo indiscusso della cultura asiatica. Un mix sacro/profano, serbo/cinese che, pur essendo abituati a vedere in città, ha catturato l’attenzione con quel quadro, immobile nel tempo e nello spazio come una verità svelata.
Ognuno dei temi di questa esposizione ha offerto una rapida panoramica all’osservatore, ma ognuno di essi potrebbe essere sviluppato in maniera più approfondita in una mostra a se stante: al CFT il materiale è abbondante e ognuno dei soci si è sicuramente sbizzarrito in scatti di vario tipo in giro per la città; senza contare che l’esposizione potrebbe essere d’ispirazione a nuovi soci e fotografi.
Del resto, ci auguriamo tutti che il Circolo Fotografico Triestino prosegua le sue attività per altri novant’anni, almeno.
Foto: Ferruccio Crovatto