Il sentiero dei poeti

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Forse i miracoli esistono. Inizia così la storia del sentiero o strada dei poeti di Monrupino – Repentabor. Il primo miracolo si compì quando nei primi anni Duemila il Comune di Repentabor, guidato allora dal sindaco Krizmann, decise di restaurare l’antica strada che gira sotto la Rocca. E qui necessita una premessa: il Tabor di Repen è una località ricca di storia, la strada che, un tempo, era l’unica esistente, è certo antica, forse pre-romana. Sul colle vi sono i resti di un castelliere dell’età del bronzo, individuato già dal Marchesetti e spesso indagato. L’attuale sistemazione risale ad una ristrutturazione ottocentesca che cancellò, in parte, la struttura difensiva, quattrocentesca o precedente. C’è poi la lunga storia dell’edificio mariano, sede di pellegrinaggi e di un antico culto di cui restano tracce anche nell’interessante leggenda di fondazione, raccolta da un parroco nell’Ottocento. L’importanza della strada è testimoniata anche dalla presenza, sul colle di fronte, detto Hrib, di altri resti protostorici e dal nome del villaggio che si raggomitola sotto il Tabor: Col (pronuncia Zòu), dal tedesco Zoll, dogana, un’antica sede doganale lungo la strada che dal mare portava all’interno. La strada oggi denominata dei poeti perse di importanza quando negli anni ’30 del Novecento si operò un taglio di roccia che eliminava il bisogno di girare, attraverso Col, sotto la rocca per dirigersi verso l’interno.  Il solco asfaltato, meno di un chilometro, che gira nel bosco ai piedi degli antichi edifici, rimase quasi abbandonato, fintanto che la giunta Krizmann decise di trasformarlo in un percorso che ricordasse tre poeti, a rappresentare non solo la poesia di un ambiente e di una cultura unici, ma anche a comunicare un messaggio di convivenza e rispetto tra la cultura italiana e quella slovena. Si scelsero le figure di Kosovel, Saba e Igo Gruden, le più adatte a veicolare tali contenuti. Il progetto, con i busti dei tre personaggi realizzati da Klavdij Palčič, fu poi concluso dall’amministrazione del sindaco Pisani e fu inaugurato nel 2011.

E qui interviene il secondo miracolo: Eddie Kanzian, poliedrico organizzatore culturale, segnalò a Roberto Dedenaro, che viveva a Monrupino, l’esistenza di un poemetto scritto negli anni ’50 da Luciano Morandini e intitolato Monrupino, cosa di meglio dunque di leggerlo a Monrupino? Marko Kravos tradusse larga parte del testo poetico e la lettura venne organizzata il 14 agosto, nei giorni della tradizionale sagra che si svolge sulla Rocca. Il miracolo risiede nel fatto che anche a tale prima lettura il pubblico accorse numeroso, tanto che il sindaco Pisani chiese a Kravos e Dedenaro di continuare, e la gente da allora, era il 2011, non ha più smesso di arrivare. Alla dodicesima edizione (un anno tutto fermò per il Covid) erano presenti almeno centoventi persone che hanno assistito in silenzio alla chitarra di Emanuele Laterza, alle esibizioni di Roza, performer sloveno di notevole statura creativa, noto per avere fondato una religione il cui scopo principale era abolire le tasse sui libri, alla lettura di alcuni inediti di Claudio Grisancich e di un testo di Dedenaro, dedicato con una certa ironia agli ottant’anni di Kravos e letto da Nikla Panizon, e alla bellissima lettura di Laura Marchig, accompagnata dalla chitarra di Darko Jerkovic, musicista che ha vinto per nove volte il premio di miglior chitarrista jazz croato.

In sostanza il Sentiero dei poeti (Pešpot Pesnikov) è un esempio di quanto le amministrazioni pubbliche possono fare per costruire momenti culturalmente importanti: nel corso delle dodici edizioni si sono esibiti una quarantina d’autori provenienti dalla Slovenia, dalla comunità slovena in Italia o italiani, con particolare riguardo alla poesia in dialetto. La grande presenza di pubblico e la durata negli anni sono tutti fattori assai significativi. Fa un po’ pensare come i media italiani diano poco spazio all’evento, forse erroneamente pensando che sia “roba slovena”, in realtà non è così si tratta piuttosto di un bel esempio di cultura della convivenza e dell’attenzione tra culture diverse e simili al tempo stesso.

 

Roberto Dedenaro e

Marko Kravos