Il Salone d’autunno

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A Trieste, a Palazzo Costanzi, la tredicesima edizione

di Enzo Santese

In un mondo che privilegia la dispersione nei mille rivoli del policromatico panorama della creatività, sotto la spinta dell’individualità che confina molte volte l’autore entro territori puramente marginali, il Salone ha la capacità di agire sulla forza centripeta della sua proposta aggregante e di riunire in un contesto estremamente sommosso da stili, vocazioni e talenti, varie personalità che esprimono la propria fisionomia “intellettuale” e artistica sotto diverse latitudini caratteriali e temperature emotive. Anche questa tredicesima edizione è vetrina di gran parte del mondo delle arti figurative offerto da questa precisa zona, l’area giuliana, fortemente interessata da eventi che hanno segnato la sua storia, hanno condizionato le prospettive, hanno arricchito le motivazioni portanti dell’ispirazione poetica.

La Sala Veruda di Palazzo Costanzi a Trieste si apre a raccogliere le “voci” di coloro che a Trieste, nell’Isontino e nelle comunità italiane di Slovenia e Croazia si dispongono a un confronto, a una verifica e, quando esistono i presupposti della qualità, all’apprezzamento degli operatori pubblici e privati del settore. La possibilità di avere sott’occhio l’intreccio di segnali indicatori che provengono dalla ricerca artistica pone gli appassionati e addetti nella condizione di valutare, programmare ed eventualmente inserire consapevolmente le presenze entro i tracciati dei loro programmi. Qui l’obiettivo è facile anche perché la maggior parte dei partecipanti sono inclusi nelle varie edizioni passate del Salone in virtù dei loro significativi esiti artistici; quindi, per molti, l’edizione attuale è il momento di una conferma dei rispettivi trend di lavoro e di riscontro delle successive acquisizioni poetiche.

Non poteva mancare peraltro lo sguardo rivolto alle energie più giovani, quelle che contengono in embrione la possibilità di lievitare verso posizioni di marcato rilievo. A dir il vero alcuni di questi già fanno notare segni sostanziali che lasciano presagire un futuro denso di sollecitanti sorprese. Ebbene, lo spazio della Sala Xenia risuona delle presenze della settima edizione della “Young Art Selection”, che in questa edizione si richiama a una ricorrenza significativa: il centenario del Bauhaus, la scuola di architettura, arte e design fondata da Walter Gropius che fu capace di riflessi e influenza in diverse parti del continente. In mezzo alla buona qualità complessiva della compagine in rassegna, merita anche quest’anno segnalare alcune punte di eccellenza.

 

Il progetto di Patrizia Bigarella prende corpo in un libro d’artista, le cui “pagine” possono essere sfogliate con i guanti bianchi disposti dall’autrice stessa sul ripiano dell’installazione. L’opera non esaurisce il suo fascino nella teatralità della messa in scena, ma la protende nella sequela di carte dove la raffinatezza compositiva e la pulizia formale si combinano con la forza espressiva di diversi interventi grafici e pittorici.

Mauro Martoriati è pittore e scultore che sa imprimere alle sue creazioni il senso di una riflessione profonda su taluni temi significativi del mondo contemporaneo, tra cui spicca quello della relazione dell’individuo con se stesso e con gli altri. Il pensiero della difficoltà comunicativa lo impegna quindi a realizzare presenze che di umano hanno solo l’accenno anatomico, per il resto sono creature che popolano uno spazio in cui il silenzio consente di percepirne il battito di sensibilità.

Bruno Paladin è artista eclettico che con disinvoltura passa dalla superficie alla tridimensione esibendo ogni volta il repertorio di segni e relazioni cromatiche che fanno parte ormai della sua riconosciuta cifra poetica; l’opera è scandita da rilievi e incisioni indicatrici di un percorso labirintico in cui il fruitore è invitato a entrare con lo sguardo.

Franco Rosso, che è organizzatore dell’evento per conto dell’Associazione “Z04”, propone una sua visione della geometria sganciata dal riflesso esclusivamente razionale e incanalata invece verso una dinamizzazione delle forme, come ingranaggi di un meccanismo che sviluppa l’energia esistenziale; effetti di arte optical sono l’esito di un processo creativo impostato sulla precisione del tratto e l’assoluto ordine compositivo.

La ricerca attuale di Caroll Rosso Cicogna è volta a saldare tradizione e modernità in una sintesi sempre nuova; infatti l’artista preleva dalla classicità cristiana l’idea dell’icona e la innesta su un piano pittorico ricco di fragranze contemporanee, dove si affermano i dati del rilievo, dell’abbinamento emblematico dei colori, tra i quali spicca l’oro soprattutto nella terza delle fasce in cui appare distinta l’opera.

La proposta di Claudio Sivini si colloca nel solco di una profonda aderenza ai valori della specularità; da molto tempo gli elementi della grammatica compositiva dell’artista sono infatti gli specchi, che fanno entrare nella dinamica della creazione cose, persone e luci, riflesse sul piano interno che nell’opera presentata al salone si arricchisce di un dato, quello della “distorsione” visiva, prodotta dagli avvolgimenti quasi sferici di alcune sue parti dislocate a intervalli regolari.

La tela di Franco Vecchiet poggia su un’astrazione apparente, capace di nascondere i tratti della concretezza fisica, e vive sul contrasto concettuale tra l’idea del caos e quella dell’ordine. Mentre la superficie è sommossa da un formicolio di segni molteplici tracciati sui toni scuri, la composizione si presenta riquadrata da piccoli segmenti come accenni di una griglia che sembra inglobare il fondo.

La vocazione di Villibossi alla scultura ha radici lontane e si nutre di quella curiosità che lo porta a scandagliare le potenzialità dei materiali più vari, dal legno alla pietra. In questa circostanza un relitto ligneo gli offre l’occasione per un intervento capace di modulare il “reperto” agendo per sottrazione, secondo una logica che attinge ai valori della geometria e arriva a un risultato di deciso valore simbolico.