I tacchini di Montalbano

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Tacchini, volpi, cani e tanti altri

di Anna Calonico

 

Paliamoci chiaro: “Montalbano, sono!” sono le parole che più di tutte ricorderanno Andrea Camilleri, eppure, commissario a parte, lo scrittore siciliano ha scritto molto altro, e anche opere per ragazzi. Non sto parlando soltanto di Ora dimmi di te, la lettera alla nipote, e non intendo libri per bambini piccoli come Topiopì e Magarìa, tanto per citarne solo un paio.

Appena un anno fa, Salani ha dato alle stampe I tacchini non ringraziano (Milano, Salani, 2018, pp.187, € 15,90), una raccolta di racconti scritti da Camilleri con gli animali della sua vita come protagonisti, simpaticamente illustrati dai disegni di Paolo Canevari. Forse non è il suo libro migliore (tra tanti capolavori, nulla di strano), ma sono dodici ricordi dell’autore che, come sempre, ci regalano meraviglia, simpatia, compassione, tristezza e tante altre emozioni. In alcuni momenti sono poesia, la stessa poesia che riservava alle descrizioni della sua Sicilia, in altri è un semplice resoconto di fatti accaduti, così come la memoria li riporta al presente e come un nonno vuole tramandare alle nuove generazioni: Ho finito di scrivere questi racconti più di dieci anni fa. Se li pubblico ora è perché ho avuto la fortuna di poter abbracciare Matilda e Andrea, i miei due pronipoti, ai quali dedico il libro dice in una nota alla fine. È il motivo migliore per pubblicare un libro, probabilmente.

E il lettore, che motivo può avere per leggere I tacchini non ringraziano, a parte il nome dell’autore e la curiosità per il titolo?

Per esempio, questo libro si può leggere per scoprire che i serpenti sono puntuali e le lepri astute. Infatti, per vedere una tremenda vipera, che altro non è se non un serpentello innocuo, basta porsi sul suo cammino ogni giorno alla stessa ora, aspettando che il rettile vada a timbrare il cartellino come fa un operaio, fino alla pensione. Oppure ci si può sorprendere scoprendo che una preda che si credeva colpita a morte all’improvviso si rimette in piedi e fugge alla massima velocità appena si avvicina l’umano che dovrebbe raccoglierla. Impossibile, a quel punto, che gli altri sparino nuovamente, per non rischiare di colpire il ragazzo rimasto esterrefatto: mica scemo, il lepro!

E alzatevi in piedi per la decenza dei tacchini! Se milioni di americani ogni quarto giovedì di novembre li mandano alla morte per il giorno del Ringraziamento, loro non piangono, non strillano, non si fanno prendere dal panico, non cercano di fuggire: no, restano in piedi, tranquilli e dignitosi come se niente fosse. I tacchini non hanno alcun motivo per ringraziare.

Nella sua vita, Camilleri ha incontrato cani diffamati, come il buon Aghi scambiato per un cane feroce e pericolosissimo, gatti riconoscenti come Barone, salvato da una morte crudelissima e grato ai suoi salvatori per tutta la sua (incredibilmente lunga) vita, uccelli che si fingono persone imitandone la voce, come in Pimpigallo e il cardellino o in Il principe arrabbiato, e tanti altri animali, domestici e non, dal serpente al riccio, dal tacchino al cardellino, dal maiale alla capra, dalla volpe alla lepre, dal pappagallo alla tigre.

Camilleri ha incontrato tanta bellezza in loro: Fu un attimo, e come se una mano invisibile gli avesse appiccato il fuoco, violentemente il suo pelame divampò di un rosso rifulgente. Quel colore mi colpì come un grido. Rimasi affascinato a contemplarlo, era un animale magico, mitologico, coperto d’oro e di fiamma. (p.65) Sono le parole meravigliate che l’autore a malapena riesce ad esprimere ricordando quando da ragazzo gli apparve una volpe, colpita da un raggio di sole estivo. E che dire delle capre girgentane, con le loro corna dritte e attorcigliate? Le capre come Ernestina, a cui lo scrittore era tanto affezionato da bambino, sono ormai in via d’estinzione:

– Ma perché scompaiono?

– Non si riproducono più, né in libertà né in cattività. Fanno bene.

– Che significa fanno bene?

– Che forse il mondo è diventato troppo brutto perché la loro bellezza abbia diritto d’esistenza.(p. 80)

Terribile. Il mondo dell’uomo non è degno della bellezza degli animali. Forse non è davvero questo il motivo per cui tante specie oggi rischiano di scomparire dalla faccia della Terra, ma certo i racconti del compianto scrittore siciliano ci fanno vedere gli animali come da sempre sottomessi, screditati, offesi, sfruttati e mal ripagati dall’essere umano. Forse davvero avrebbero ragione a negarci la loro compagnia.

Sempre a proposito di bellezza, impossibile invece non ridere dell’umiliazione dell’autore davanti ad una tigre: Stava a guardarmi con gli occhi socchiusi e non si mosse di un millimetro al mio arrivo. Era di una bellezza maestosa, superba, il suo pelame appunto tigrato era folto e lucente. Per me, fu il classico colpo di fulmine. Mi conquistò all’istante. Perdetti la testa. Sentii il cuore accelerare i battiti, una morsa stringermi la bocca dello stomaco, le gambe farsi un po’ molli: i sintomi tipici dell’innamoramento subitaneo, irreparabile. (p.74). Allora si ritrova a parlare, a pronunciare una vera e propria dichiarazione d’amore alla tigre, che, prima tranquilla nella sua gabbia allo zoo, appena sentite le parole appassionate che le vengono rivolte decide di snobbare crudelmente l’innamorato girandosi a mostrargli le terga!

Gli animali sono i protagonisti di queste pagine, anche se c’è sempre un Camilleri personaggio più o meno giovane che intreccia il suo percorso al loro, e sempre risultano superiori: più buoni (Aghi, cane diffamato), più furbi (Il lepro che ci beffò), più intelligenti (Pimpigallo e il cardellino), più comprensivi (Elegia per il Barone), più altruisti (Amicizia, ma non solo)… Tutto questo amore per gli animali è ben spiegato nelle note finali: Se veramente un giorno riusciremo a sapere quale opinione hanno di noi gli animali, sono certo che non ci resterà da fare altro che sparire dalla faccia del pianeta, sconvolti dalla vergogna. Sempre che, tra cinquant’anni, gli uomini saranno ancora in grado di provare questo sentimento.

Io, fortunatamente, non ci sarò.

Ma vorrei che qualche mio pronipote consegnasse agli animali una copia di questo libretto perché di me, e di moltissimi altri come me, possano avere un’opinione sia pure leggermente diversa. (pp. 180-181).

Mentre leggevo queste pagine, pensavo ad altri autori che hanno dato alle stampe opere simili: Konrad Lorenz, naturalmente, ma anche un naturalista che ho amato molto da ragazzina proprio per la sua sensibilità nel parlare di animali: Gerald Durrel, con l’indimenticabile La mia famiglia e altri animali. Per non parlare degli animali dei boschi di Mario Rigoni Stern. In questi ultimi tempi sembra aver successo, visto il numero sempre crescente di biografie dai titoli come La mia vita con Bobi, Pucci, Frida, Oscar… un filone narrativo attento agli amici a quattro zampe, ma, senza nulla togliere alle esperienze di improvvisati scrittori che raccontano il loro cane o gatto, quelli che ho citato ci mettono qualcosa in più, qualcosa di universale che non riguarda soltanto il prediletto animale da compagnia.

Nel caso di Camilleri, questo volumetto è una “magarìa” continua, un susseguirsi di storie dolci e amare insieme, raccontate con leggerezza e amore. Un libro veloce da leggere, adatto a tutte le età, ideale per chi già ama gli animali, ma opportuno a chi invece non ha mai avuto molto a che fare con loro: insomma, grandi e piccini, a lettura ultimata, non potranno che ripetere le parole di Andrea Camilleri: Ma, sia pure per pochi istanti, mi aveva regalato un incantesimo (p. 66).

 

 

Andrea Camilleri

I tacchini non ringraziano

Illustrazioni di Paolo Canevari

Salani, Milano 2018

pp.187, euro 15,90