I giorni ritrovati di Roberto Coccolo
Giugno 2018 | Il Ponte rosso N° 35 | Marina Silvestri | poesia
di Enzo Santese
Nel vissuto dello scrittore triestino Giorgio Rosso Cicogna il perno della sua responsabilità ha mosso sempre uno scenario dove l’impegno personale e l’intuito sono stati comuni denominatori, capaci di acquisizioni e traguardi riconosciuti sia sul piano nazionale che su quello cittadino: prima al Ministero degli Esteri per una carriera che lo ha visto attivo presso la Presidenza del Consiglio a Roma, poi al consolato di Vienna, quindi nel ruolo di consigliere e incaricato d’affari in India, alla Farnesina per i contatti con i Medio Oriente e il Magreb; inoltre alle Nazioni Unite al livello di Segretario Generale Aggiunto. Passato quindi al settore privato, nelle nuove condizioni geopolitiche prodotte dalla caduta del Muro di Berlino ha svolto un ruolo attivo nel rilancio di Trieste come direttore della locale Confindustria, infine come direttore del Centro per la Scienza e la Tecnologia dell’UNIDO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale, e Segretario Generale Vicario dell’InCE, l’Iniziativa Centro Europea. Si tratta indubbiamente di una nota curricolare che presuppone un ampio repertorio di incontri, conoscenze, occasioni negoziali, partecipazioni ad eventi, che formano la materia pulsante su cui distendere un progetto narrativo. “Quando raccontavo a voce la storia della mia famiglia – racconta l’autore – ho sempre riscontrato grande interesse in chi mi ascoltava: da qui la tentazione di tradurle in un libro”. E così dopo un lavoro di oltre un anno, scrivendo foglio per foglio con la sua penna stilografica, Giorgio Rosso Cicogna ha composto Oltre Trieste. Un secolo di storia attraverso molte frontiere, pubblicato dalla Libreria Editrice Goriziana, un’opera complessa che, da una matrice autobiografica si sviluppa in molteplici direzioni significanti inglobando in un equilibrato tessuto letterario indagine storica, tensione politica, analisi economica in mezzo a visioni retrospettive familiari, focus su affetti personali e sguardo critico su vari aspetti del mondo contemporaneo.
Presentato da Luigi Zanda e Pierluigi Sabatti a Gorizia nel contesto del Festival “èStoria” il 18 maggio, il libro presenta una nervatura di argomenti su cui critica e pubblico possono trovare abbondante materia di discussione e non può che essere così, per l’ambito di sviluppo di vicende in stretta connessione con le dinamiche politiche che vedono la città giuliana al centro di un gioco internazionale dagli sviluppi a volte drammatici. La storia legata agli sviluppi della famiglia dell’autore parte dal 24 maggio del 1915, data emblematica che segna l’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale, e arriva fino ad oggi in un’autentica cavalcata narrativa che equilibra con sapienza il dato privato con la traccia storica di un secolo di cui indirettamente, attraverso la testimonianza dei propri cari, o direttamente, soprattutto grazie al proprio lavoro di diplomatico, è venuto a conoscenza.
Giorgio Rosso Cicogna ha una consuetudine con la scrittura assunta fin da giovane con gli inizi giornalistici nel quotidiano Il Piccolo, con una predilezione per le tematiche che richiedano puntualità d’inchiesta e talento nel ridurre con chiarezza di sintesi la complessità dell’argomento. Il volume di 536 pagine è, a tratti, un percorso labirintico nei ricordi di racconti familiari e nelle esperienze personali dell’autore che è stato diplomatico con importanti incarichi anche a Palazzo Chigi con tre diversi presidenti del Consiglio, Emilio Colombo, Giulio Andreotti, Mariano Rumor.
Una vita da diplomatico in mezzo a diversi meccanismi politici
Da quell’osservatorio privilegiato ha avuto la possibilità di conoscere i meccanismi anche meno noti della gestione del potere ai massimi livelli e, pertanto, il suo articolato racconto apre squarci di interessante visibilità su fatti, persone, contatti, deliberazioni, sviluppi nazionali ed esteri affidati in altri casi alla fredda ufficialità dei resoconti. La narrazione ha il ritmo e i connotati di una marcata tensione quando, trovandosi a casa del senatore Marcora, sente in prima battuta le notizie sul golpe Borghese. In un secolo di storia Giorgio Rosso Cicogna stratifica una serie di avvenimenti che sono attraversati dal filo coagulante dell’intreccio, atto a conferire all’opera il carattere di una dislocazione concentrica: qui Trieste è perno metaforico (e non solo) attorno a cui ruota una sorta di “visore” che valica l’angusto ambito della città e della provincia per spaziare su un teatro vastissimo e accompagnare il lettore in un viaggio fantastico a Vienna, a Bruxelles, negli Stati Uniti, in India e nell’ex Yugoslavia. Il romanzo sa trasmettere una sapida curiosità fin dalle prime battute, quando lo scrittore parla del nonno irredentista convinto, prigioniero nel campo di Wagna dove si segnala in maniera così straordinaria da meritare addirittura un invito a corte, al cospetto dell’imperatore. Ma gli episodi degni di nota sono davvero tanti e incasellati in un complesso che, tuttavia, non presenta il minimo segno di dispersione; anzi Giorgio Rosso Cicogna riesce a compattare in un universo di situazioni le sue idee che innervano l’opera anche quando mostra di considerare la realtà con i modi del freddo analista. I cent’anni di questo “film scritto” corrono dagli Asburgo a Caporetto, dalle notizie captate a Palazzo Chigi ai contatti ravvicinati con Nixon, Kissinger, Raijv e Sonia Gandhi, Fidel Castro. Il libro è denso di personaggi che si muovono sugli scenari più diversi, gli stessi in cui la professione diplomatica ha portato l’autore.
Nell’introduzione sviluppa un’analisi serrata con una peculiarità d’espressione significativa soprattutto per la duttilità del suo registro che consente di amalgamare in bella sintesi il tono saggistico con quello colloquiale del racconto privato, condotto sul filo di uno scatto autobiografico mantenuto in efficace equilibrio con lo sguardo critico sulla storia collettiva. Proprio per questo il dato individuale viaggia sotto traccia anche se l’autore è sempre presente come ricettore di notizie, testimone o attore in accadimenti e vicende che attorno all’asse della misura e del garbo allacciano la sostanza pubblica e privata della realtà narrata. In tal modo Oltre Trieste si presta ad attrarre il lettore nello sviluppo di un segmento esistenziale (quello dello scrittore) fatto fluire in un alveo dove trama e intreccio procedono in parallelo e diventano punto d’avvio per un’avventura di studio nel groviglio geo-storico-politico di un’area votata a incidere notevolmente nel ‘900 italiano e centro-europeo. Giorgio Rosso Cicogna in questa sua prima opera (è annunciato peraltro un prossimo impegno editoriale, già progettato) dimostra come uno scrittore non di professione possa esibire uno scatto assolutamente professionale, tradotto in una prosa che passa attraverso molteplici registri con la disinvoltura di chi filtra i dettagli selezionando le porzioni di storia non per volontà di reticenza, ma per desiderio di chiarezza nella concisione argomentativa.
Il capitolo conclusivo che rimanda subito al progetto di un nuovo romanzo
Anche quando cita la tragedia dei nonni paterni uccisi nella casa di S. Antonio in Bosco, alla periferia di Trieste, lascia trasparire un distacco che lo preserva da una caduta banale nella retorica del sentimento. Che resta affidato a una compostezza del dire anche quando con forza riconosce che la sua vita densa e fortunata è il prodotto di una dimensione familiare in cui si è nutrito, avvalendosi di un’eredità di pensiero derivata dalle generazioni familiari precedenti. L’ultimo capitolo che l’autore intitola Riflessioni per concludere è un saggio vero e proprio che mette a nudo alcune incongruenze della realtà odierna, così come emergono dalle abitudini connesse con la tecnologia, per esempio. Imponendo infatti l’urgenza dell’immediatezza, le informazioni ottenute attraverso internet tolgono spazio alla riflessione, con il rischio più evidente, messo in risalto da Giorgio Rosso Cicogna, quello della superficialità. “Nell’ultimo anno – afferma – ho avuto più tempo per riflettere, e ne sono felice: sono contento di essere quasi arrivato al capolinea della mia vicenda professionale e lavorativa poiché ho fatica a riconoscermi nella dimensione globale dell’immediatezza che ci viene imposta dalla società contemporanea, togliendo sempre più spazio al pensiero, alla convivialità nella condivisione dei valori e delle cose veramente belle che ci sono offerte dalla vita.” Secondo lui, da qui in parte deriva una delle ragioni generatrici del populismo, che porta, tra l’altro, a una contrapposizione frontale con l’Europa la quale, pur con le sue lentezze e incapacità, resta un corpo imprescindibile. Ma nell’analisi di Giorgio Rosso Cicogna, in una sequenza di annotazioni vivide, si inanellano considerazioni puntuali sull’abitudine dei politici ad affidarsi ai sondaggi con il rischio di lavorare per il consenso immediato e perdere di vista il progetto strategico. La parte conclusiva si presenta come un anello di congiunzione con un prossimo libro che, è chiaro, sta nella mente di Giorgio Rosso Cicogna, ma che non è difficile pronosticare come il suo secondo cimento letterario; anche qui lo scrittore triestino si muove con leggerezza di tratto, ma con profondità di sguardo tra l’analisi dei fatti storici, la registrazione dei moti privati, la prefigurazione di un futuro collettivo che all’Europa si annoda, esigendo peraltro dalla comunità dei 28 una rinnovata consapevolezza; è per questo che lo scrittore auspica un nuovo Rinascimento su scala mondiale: “una rivoluzione pacifica ma radicale, capace di innescare una spirale virtuosa finalizzata ad affrontare i grandi problemi dell’Umanità”.