Due o tre cose che so di lui

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Mary Trump, nipote del Presidente uscente degli USA, rivela in un libro la genesi della personalità abnorme dello zio Donald, “l’uomo più pericoloso del mondo”

di Charles Klopp

 

Troppi soldi ma mai abbastanza. Troppe aspettative ma mai abbastanza amore, abbastanza rispetto per i propri figli dalla parte dei genitori di Donald Trump. Mai abbastanza per Donald, il quartogenito, e mai abbastanza per gli altri quattro figli, compreso Freddy Trump, fratello maggiore di Donald e padre di Mary Trump, nipote dell’ex-presidente e autrice di questo libro. «Per Donald –  ha spiegato Mary Trump in un’intervista televisiva con George Stephanopoulos per l’ABC – non c’era mai abbastanza per compensare per ciò che soffriva da bambino mentre per mio padre c’era sempre un eccesso di cose sbagliate».

Too Much and Never Enough è uno dei tanti libri scritti in questi tempi su Donald Trump e l’unico scritto da una parente dell’ex-presidente. È anche l’unico che esamina con un’abbondanza di dettagli la famiglia dell’ex-presidente da quando Donald e i suoi due fratelli e due sorelle erano bambini. Altri libri rivelatori usciti in questi tempi così tempestosi, che descrivono da vicino il quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti includono Disloyal (“Sleale”) di Michael Cohen, in passato avvocato del Presidente, ma ora radiato dall’albo in quanto pregiudicato; Rage (“Rabbia”) di Bob Woodward, giornalista rinomato per i suoi scritti sullo scandalo Watergate che valsero un premio Pulitzer per il suo giornale; The Room: Where It Happened (“La stanza: dove succedeva”) di John Bolton, ex-ambasciatore all’ONU ed ex-assistente del Presidente per la sicurezza nazionale; e molti altri già pubblicati o in via di pubblicazione, o da essere ristampati con grandi tirature, si immagina, nel futuro. Il contributo di Mary Trump a questo discorso collettivo è stato pubblicato da una casa editrice newyorkese antica e molto rispettata. Il libro è stato un grande successo con quasi un milione di copie vendute il giorno della pubblicazione, nonostante i tentativi da parte della Trump Corporation di bloccarne l’uscita.

Perché Mary Trump ha deciso di svelare al grande pubblico i segreti anche scabrosi della sua famiglia? Bisogna tener presente, forse, che prima di pubblicare il libro l’autrice era stata coinvolta in diverse cause legali a lei mosse da altri famigliari. Non è difficile, quindi, immaginare che nutra risentimento nei confronti di almeno alcuni membri della sua famiglia. Secondo questa teoria, il suo sarebbe un “revenge book” o “libro di vendetta”. Ma Mary Trump stessa non nasconde i suoi problemi legali con altri della sua famiglia e con suo zio Donald in particolare. Rivela invece che dopo le elezioni del 2016 aveva deciso di “take Donald down,” cioè abbatterlo se non fisicamente almeno agli occhi del suo pubblico. Mary era molto sorpresa quando lo zio vinse le elezioni del 2016; poi, all’approssimarsi delle elezioni del 2020, non volle che lui venisse rieletto. Secondo lei, suo zio Donald, insieme a suo nonno Fred Trump, distrussero psicologicamente e fisicamente Freddy Trump, il padre di Mary. E la figlia di Freddy non voleva che il fratello minore di suo padre devastasse anche il paese in cui vive e che dice di amare.

Mary Trump valendosi della laurea di PhD fornitole da un’ottima scuola e delle esperienze professionali, fa la psicologa clinica presso centri di ricovero newyorkesi. Forse per questa ragione, il suo libro si è focalizzato sulla situazione psicologica a casa Trump da quando suo padre, i suoi due zii, e le sue due zie erano bambini. In certo senso, il libro è la storia non tanto di Donald ma soprattutto di Fred Trump, Sr., il padre di Donald e nonno di Mary. Quella di Fred Trump è un’ emblematica storia americana che comincia con l’epopea picaresca del cittadino tedesco Friederich Trump, l’immigrato nonno di Donald e bisnonno di Mary che fugge dall’Europa (e dal servizio militare in Germania), fa una sosta nel Canada, dove si arricchisce, e approda negli Stati Uniti dove muore vittima della pandemia del 1918. Dopo la morte del capostipite in America, suo figlio Fred Trump, grazie alla sua intraprendenza lavorativa e una grande grinta capitalistica, fa fortuna, una fortuna immensa nell’industria immobiliare nel Brooklyn e nel Queens, due dei cinque quartieri che costituiscono l’area metropolitana di New York City. Ma secondo la sua nipote psicologa, Fred Trump era un sociopatico che soffriva di ciò che lei chiama “una positività tossica” che non lasciava spazio per nessun’altra emozione se non un eccessivo ottimismo meccanico e maniacale, un atteggiamento mentale che lui aveva forse desunto da letture dello scrittore Norman Vincent Peale, divulgatore del concetto di pensiero positivo. Uomo glaciale e giudice severo delle azioni dei suoi figli, Fred Trump non aveva il carisma di suo figlio, il futuro presidente, che da giovane era un uomo bello e pieno di fascino personale. È stato Donald e non suo padre Fred che è riuscito a farsi avanti a Manhattan, il quartiere più ricco e affascinante di New York City e molto diverso agli occhi dei “Manhattanites” dai quartieri periferici e banali di Queens e Brooklyn, attraversando delle soglie ed entrando in zone che per il socialmente impacciato Fred erano di difficile accesso.

Nella breve storia della sua famiglia Mary Trump parla molto anche del proprio padre, il primogenito Fred Junior o Freddy Trump. Descrive il suo trattamento dalla parte del padre Fred, ed esprime la sua indignazione per la vita difficile del suo genitore, una vita non senza gioie semplici ma anche avvelenata da umiliazioni e fallimenti, la vita di un uomo mai compreso e mai aiutato dal proprio padre mentre veniva osservato con fredda gelosia e disprezzo dal fratello minore Donald. In una frase lapidaria, Mary Trump scrisse che suo zio “distrusse” suo padre per prendere il posto di figlio preferito agli occhi del loro padre terribile e terrificante, un uomo incapace di un autentico disinteressato amore paterno. Nell’ultima parte del libro spiega come Fred Junior morì solo in ospedale, distrutto dall’alcolismo e da altre malattie mentre Donald, invece di andare a trovarlo in quel frangente critico, preferì andare al cinematografo. Nemmeno a lei, sua figlia, era stato permesso dai famigliari che vegliasse suo padre mentre agonizzava.

Ma la parte più scandalosa del libro sono le pagine che riguardano Donald Trump direttamente. Secondo Mary Trump, suo zio Donald, appunto perché aveva un padre che non lo coccolava mai, ma lo minacciava a distanza e una madre troppo malata per badare a lui, da bambino era da considerarsi, emozionalmente, un orfano. Fred Trump intimidiva fortemente anche Freddy Trump, il primogenito che non riuscì a diventare l’uomo che suo padre avrebbe voluto. Quando Freddy diventò un pilota di jumbo jet per la TWA, una posizione prestigiosa e ben pagata, suo padre disse con disprezzo che non era altro che un conducente di autobus. Non ricevendo un autentico affetto dai suoi genitori, Donald lo elargiva a sé stesso in un classico esempio di narcisismo difensivo, che è rimasto un aspetto dominante della sua personalità anche negli anni successivi. Fred Trump voleva che uno dei suoi figli diventasse un “killer” negli affari, un “assassino” crudele senza scrupoli e senza rimorsi. Fred Jr. non era in grado di prendere su di sé questo ruolo ma Donald, che osservava attentissimamente le umiliazioni e quelli che secondo suo padre erano i fallimenti deli suo fratello maggiore, poteva bene assumerlo ed è potuto diventare il figlio “assassino” che suo padre aveva voluto. Questo in gran parte perché, come dice sua sorella Maryanne, la giudice federale adesso in pensione citata nel primo capitolo del libro di sua nipote, Donald Trump è stato ed è un “uomo senza principi”.

In fondo, però, la sua arroganza non è altro che una difesa del suo io fragile contro il suo terrore di essere abbandonato. Ed è tale arroganza che non gli permetteva di stabilire dei rapporti umani normali. Per questa ragione, secondo Mary Trump, suo zio, anche quando maturo fisicamente e provato nelle dure battaglie dell’industria immobiliare spesso crudele di New York City, è rimasto un bambino che cerca sempre di venire lodato, premiato, e coccolato, adesso magari dal grande pubblico dei suoi ammiratori e sostenitori invece che dai genitori. Per ottenere questi affetti, sempre secondo Mary Trump, è disposto a fare qualsiasi cosa, dire bugie, insultare e minacciare, anche distorcere il sistema elettorale americano.

A lettura completata del libro di sua nipote è evidente che Donald Trump non proviene da nessuna Casa di Atreo americana e Fred Trump non è stato nessun Willy Loman, il personaggio debole e insicuro ma in fondo innocuo di Arthur Miller in Death of a Salesman (“Morte di un commesso viaggiatore”). Nel caso della famiglia Trump non si tratta di una tragedia, bensì di una farsa che, invertendo la battuta di Marx, diventò solo successivamente tragedia, una tragedia che speriamo porti un po’ di agnizione agli spettatori del troppo lungo e adesso forse (ma non si sa mai) terminato percorso politico di Donald J. Trump.

 

 

Mary Trump

Too Much and Never Enough

How My Family Created

the World’s Most Dangerous Man

(“Troppo ma mai abbastanza.

Come la mia famiglia creò l’uomo

più pericoloso del mondo”)

Simon & Schuster, New York 2020

$28.